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Pèriplo

Mostra di scultura con gli artisti: Noa Pane e Fabiano de Martin Topranin
a cura di Leonardo Regano

Dal 22 Settembre  – 28 Ottobre  2018

Opening: 22 Sett ore 18

Alla metà del terzo decennio del Cinquecento, il cartografo padovano Benedetto Bordone fu il primo a rappresentare la Terra in una forma ovale leggermente schiacciata. I due poli pressati e la prominenza dell’equatore mostrano una distorsione che anticipa di due secoli la proiezione ellittica che diverrà poi prassi nelle carte geografiche, introdotta dal fisico tedesco Karl Mollweide sul finire del Settecento. Benedetto Bordone era un uomo di scienza educato nel clima fecondo del Rinascimento veneziano. Aveva seguito le gesta dei primi uomini che si erano spinti al di là dell’oceano Atlantico, avventurandosi consapevolmente nel Mondo Novo. Ed ecco che nelle sue mappe vi troviamo segnati tutti i grandi continenti, tracciati come isole che si incastrano in un gigantesco arcipelago. E di qui il titolo, Isolario, che Bordone usa legandosi alla tradizione delle mappe medievali, specificando che in esse si “ragiona di tutte l’isole del mondo, con li lor nomi antichi & moderni, historie, fauole, & modi del loro viuere, & in qual parte del mare stanno, & in qual parallelo & clima giaciono”. Seppur lacunose e imprecise, queste mappe sono state uno strumento prezioso per il navigatore del tempo, che vi poteva trovare informazioni suoi luoghi che avrebbe incontrato nel suo viaggio. Come un antico pèriplo, su di esse riporta ogni informazione utile alla navigazione, arricchendo la sua descrizione geografica con un’analisi della storia e dei costumi dei territori. Bordone preparava i viaggiatori all’incontro con l’altro, a conoscerne le differenze e, in un qualche modo, a rispettarle. Sul suo esempio, proponiamo il nostro originale Pèriplo, un personale isolario come guida in un viaggio e in un confronto tra mondi, tra modalità espressive e creative differenti. Pèriplo è un invito a percorrere lo spazio della galleria e a cercare l’altro oltre ogni barriera, oltre ogni distanza. Pèriplo è un dialogo a due voci, quella di Noa Pane e di Fabiano De Martin, due giovani che hanno scelto di tradurre nel mezzo scultoreo la loro personale ricerca. L’idea del viaggio, fisico o mentale ed emotivo, connette il loro lavoro al di là di ogni differenza stilistica.

Noa Pane (Roma, 1983) mescola i generi proponendo la scultura in una forma aperta a molteplici contaminazioni semantiche. Nel suo lavoro mette in scena l’incontro tra forze opposte; blocca i materiali nel loro punto di massimo equilibrio e li ripropone plasmati in forme nuove, fondendoli in un abbraccio che li comprime e li ingabbia, svincolandoli dalla loro natura originaria in una nuova possibilità eidetica. Le sue sculture sono commistioni accattivanti di opposti (organico/inorganico, rigido/morbido, pieno/vuoto) che danno vita a installazioni dove estetica pop e rigore poverista si mescolano inscindibilmente. Nei Precarius balances si manifesta il concetto fisico di resilienza, si palesa la tensione del materiale verso il suo punto massimo di adattamento all’attrito: le sue opere nascono come azioni frenate, colte e congelate nell’attimo prima della rottura dell’oggetto. L’artista gioca abilmente con le proprietà plastiche di gonfiabili e camere d’aria riempiti di liquidi, li costringe in comprensioni ardite attraverso l’azione dei morsetti metallici o delle cinghie di nylon. Lo stridore degli opposti si confonde nella seduzione dell’oggetto finale che Noa ci propone: il materiale plastico si trasla nel corpo dell’uomo e le sue opere si confrontano con l’urgenza di narrare l’esperienza del viaggio e del vissuto, le implicazioni di una dimensione nomadica dell’esistenza che resiste a ogni urto senza mai spezzarsi, fragile proprio come quei gonfiabili ma capace di difendersi da ogni coercizione, attutire e assorbire ogni costrizione imposta dal metallo appuntito. Le opere di Noa nascono dall’urgenza di un racconto. Sono veri e propri atti politici; sono dichiarate prese di posizione. Ma sono anche atti intimi che raccontano di sé e del proprio vissuto. Sono dei giochi ma privi di ogni innocenza. Sono ritmi di pieni e vuoti che non si alternano ma si sovrastano. Sono energie latenti ma pronte ad esplodere; come una vanitas ci ricordano che tutto prima o poi è destinato a finire e che tutto quello che possiamo fare nella vita è resistere a ongi urto inferto.

Fabiano De Martin Topranin (Padola (BL) 1984) si approccia alla scultura con decisione. Il suo lavoro si innesta sulla grande tradizione dell’espressionismo europeo, traducendo in forme contemporanee l’inquietudine dell’uomo occidentale, le sue paure e le sue debolezze. Fabiano si confronta con una materia, il legno nelle sue diverse qualità, ricca di rimandi sensoriali. Una materia che conosce profondamente. Egli si mostra sempre attento a restituirci una figurazione corretta nelle forme, nei loro rapporti e nelle loro proporzioni. La precisione dei dettagli si accosta al suo segno rapido e veloce, sicuro. La sua propensione al mezzo scultoreo si scopre nell’attitudine a mescolare forza gestuale e concetto, in una resa plastica sintetica ma sempre e tenacemente figurativa dei suoi soggetti. In questa capacità si trova la forza della sua arte. Egli innova il linguaggio della tradizione, offrendo molteplici letture a chi si accosta al suo lavoro. La sua scultura non occupa semplicemente uno spazio ma lo genera; attua delle connessioni intime, rivela storie e vissuti dei suoi soggetti coinvolgendo in esse lo spettatore. Uomini, donne, adolescenti o bambini: Fabiano ci restituisce un’umanità intera costruendo un dialogo diretto tra la sua opera e chi l’osserva. I suoi soggetti si rivelano portatori di un sentore perturbante: ci affascinano, ci respingono, arrivano anche a spaventarci o a commuoverci. Ci indentifichiamo in essi. Le sue sculture sono dense di empatia. La serie presente in mostra, Space Days, ci narra le gesta di anonimi viaggiatori, cosmonauti persi per mondi sconosciuti e deserti alla disperata ricerca di un contatto umano che sembra non giungere mai. Anche quando due di loro arrivano a guardarsi, così vicini quasi da toccarsi, li ritroviamo fermi e separati su due mondi diversi, l’uno di fronte all’altro immobili. Li ritroviamo nuovamente da soli, mentre scalano alture, mentre continuano la loro ricerca di un incontro con l’altro fino a scomparire oltre l’orizzonte, lasciano solo le impronte del loro passaggio. Persiste solo il vuoto, che si perde nell’infinito di un orizzonte aperto.
a cura di Leonardo Regano

Fabiano De Martin Topranin
Bio selezione:
2018, Dolomiti Contemporanee, Forte Monte Ricco, Pieve di Cadore. IN ABSENCE OF, Galleria Civica di Bolzano. 2017 Legno-len-holz. a cura di Gabriele Lorenzoni. Galleria civica di Trento. Curated x you curated x Brixen, Galleria Civica di Bressanone. SMACH San Martin Art Culture and History Planet, Fanes – Val Badia. 2016 Progetto Borca, Borca di Cadore. 2015 Patchwork#2 a cura di Antonio D’Amico Must Gallery, Lugano. Svizzera
Noa Pane
Bio Selezione:
2018 You Must Do It You Can Do It, curated by Laura Tori Petrillo, Villa delle Rose MAmbo, Bologna. 2018 Don’t You Blame Anyone, curated by Övül Durmuşoğlu, Akademie Galerie Nürnberg
2017 1502-Biennale giovani Artisti Emilia Romagna, curated by Elena Dolcini, Oratorio S. Sebastiano, Forlì 2017 Art Verona, King Kong project fair, Isolo 17 Gallery, Verona. AWARDS: 2017 PNA National Art Prize XII ed., dept. Sculpture, Ministry of Education, Universities and Research, Roma. 2017 1502-Biennale giovani Artisti Emilia Romagna, 1st prize, curated by Elena Dolcini, Oratorio S. Seba stiano, Forlì. 2017 MANNUCCI Prize, 1frs prize, exhibition cat. by Stefano Papetti, S.Francesco Cultural Center, Arcevia. 2017 OPERE PER LA TUTELA AMBIENTALE, 1frs prize, Fondazione Pescara Abruzzo, Maison des Arts, Pescara. 2016 MANNUCCI Prize, 2nd prize, exhibition cat. by Stefano Papetti, S.Francesco Cultural Center, Arcevia.

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