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CANTIERE EDILE
Strutture. Sculture e disegni.
By Eduardo Romo

romoIn un periodo in cui l’architettura, nelle sue esperienze d’avanguardia più radicale, si appella alle altre arti visive ovvero alla pittura ma soprattutto alla scultura  per trovare una sua autenticità e originalità espressiva, l’opera qui presentata di Eduardo Romo (Città del Messico, 1966) va in direzione contraria: cerca nell’architettura, nei suoi principi costruttivi peculiari, nella sua strutturazione tecnologica, nella sua vocazione analitica e nelle sue forme il senso dello scultoreo e del pittorico. Non solo perché nelle opere scultoree utilizza concretamente materiali edili come viti e piastre assemblati secondo le tecniche specifiche di questi materiali e li schematizza e idealizza nei dipinti ma in quanto in tali assemblaggi vuole evidenziare proprio i principi sintattici generali dell’architettura e dei suoi meccanismi tecnologici caratteristici, la sua strutturazione elementare in fondo vicina a quella degli oggetti quotidiani.

Come accadeva un tempo, quando l’architettura si presentava  come “magistra artium” , come custode delle norme costruttive basilari di ogni procedura  che avesse a che fare con la spazialità, la quale è invece da tempo divenuta manifestazione sempre più scultorea e pittorica, fin nelle sue più arcane evoluzioni naturalistiche, astrazioniste, espressioniste o altro. Lo spazio, nelle nuove visioni, non si definisce più a partire da un reticolo architettonico, fondato primariamente sull’assetto trilitico di base da cui derivare poi incastri, sbalzi, aggetti, perni ecc. ma si configura come una massa gelatinosa in perenne stato di impasto organicista e di vibrazione materica, ottica ecc.

Nel richiamarsi alle leggi tettoniche e tecniche dell’architettura Romo riporta gli oggetti al loro significato primario, si direbbe funzionale oltre che costruttivo,  come servissero a qualche scopo, a rimettere in sesto qualcosa o a disgregarlo definitivamente rendendolo un residuo non più recuperabile, se non fosse che questi frammenti non sono addetti a costruire-decostruire alcunché ma a indicare un possibile ganglio-incastro di base della tecnologia versus la scultura, in forma di archetipo connettivo, teso a rinverdire un possibile significato pratico e realistico di se stesso, un legame meccanico possibile fra gli oggetti, oltre la pura seduzione materialistica, plastica, dell’oggetto in sé e per sé. Come non ricordare i giochi dei bambini, in particolare il vecchio gioco del Meccano, le sue viti, le sue aste traforate pronte a farsi pilastri e travi, le sue carrucole ecc.?

Gli oggetti scultorei e le loro traduzioni pittoriche, formulate in questa sua fase creativa da Romo, rimandano quindi al costruibile che deriva sempre da connessioni base elementari di oggetti semplici, da avvitamenti, incastri e anche incollaggi, con la possibilità, a partire da un frammento prototipico, di intuire tutta la costruzione che ne potrebbe derivare per iterazione, o grazie a un ingigantimento colossale del frammento stesso, evocando sempre uno spazio in formazione.

Il sogno fabbrile coltivato in questi frammenti nasconde probabilmente, come avviene in ogni cantiere edile, sempre imparentato con il rudere, una ansia decostruttiva simmetrica a quella costruttiva, il riconoscimento di uno sconquasso possibile o avvenuto e la registrazione analitica della frammentazione prodotta ma questo avverrebbe solo per via astratta perché i frammenti  scultorei e i loro riconoscimenti pittorici da parte di X mostrano una loro perfetta costituzione quasi fossero appena usciti dalla fabbrica, sono rimontaggi di uno smontaggio in corso. Nessuna degenerazione materica, nessuna consumazione superficiale, ruggine del tempo o aggressione distruttiva. Sembra tutto appena fatto. Il tempo dinamico del cantiere è tutto nell’operazione sintattica e nella sua astrazione.

I quadri confermano questa natura virtuale positiva delle cose, dicono che questi frammenti sono slanci verso costruzioni imperiture, giganteschi organismi, tralicci seriali in cerca di sbalzo dal e sul mondo. Dicono coraggio e avventura dell’azzardo tecnico, suggeriscono imprese spaziali dinamiche e non sedimentazione statica del crollo; i ferri, come fossero liberati dai cementi armati, e dalle casserature (che sono state evocate da altri suoi lavori) crescono indipendenti, innalzandosi verso il vuoto, diventando virgulti in ascesa, quasi che l’inorganico aspirasse qui a diventare organico. Così l’operazione artistica torna a svolgere una sua manovra critica e pedagogica nell’evidenziare il farsi di un oggetto e le sue aspirazioni spaziali, nell’invitare chi lo guarda a pensare sintatticamente, costruttivamente, ripercorrendo l’operatività meccanica dell’autore, non subordinandosi passivamente alla immediata seduzione plastica o grafica di un impasto o di un ghiribizzo.

A cura di:

Prof. Arch: Giovanni Iacometti, gennaio 2016


Sembianza curricolare:

Eduardo Romo, Città del Messico, 1966. Ha studiato arte presso la Scuola Nazionale di Pittura, Scultura e Incisione “La Esmeralda” Istituto Nazionale di Belle Arti (INBA), 1984. Nello stesso anno ha collaborato con il maestro Arnold Belkin nell’espletamento il murale “Onniscienza” Autonoma Metropolitan University, campus di Iztapalapa (UAM-I). Nel 1992, è incluso nel “Dizionario di scultori” Maestro Lily Kassner, pubblicato dal Consiglio Nazionale per la Cultura e le Arti (CONACULTA).
Individualmente si è esibito in più di 20 occasioni, tra cui: “Strutture falsi”, Museo Ex Teresa Arte Actual, Città del Messico, 2012, “Processi”, Museo di Belle Arti a Toluca, Toluca, Messico, 2009, “Due approcci una visione”, José María Galleria Velasco, Città del Messico, 2004, “Disegni”, Galleria del Vermont Studio Center, Johnson, Vermont, Stati Uniti d’America, 1997. Dal 1987 ad oggi, ha continuamente partecipato a più di 150 mostre collettive in Messico e all’estero, mostrando il suo lavoro in paesi come Germania, Argentina, Austria, Costa Rica, Cuba, Danimarca, Stati Uniti, Spagna, Francia, Italia, Giamaica, Portogallo, Repubblica Dominicana e Venezuela. Alcuni di questi sono: No curatore, Museo d’Arte Moderna di Stato del Messico, Toluca, in Messico, 2015, dove il cielo si conclude, Sebastian Fondazione, Città del Messico, 2015, XI Biennale Monterrey FEMSA, Arts Center, Monterrey, Nuevo Leon, Messico, 2014, VI ​​Biennale di Arti Visive dello Yucatan, Centro Arti Visive, Yucatan, in Messico, 2014 Arte di sfogare, Provincia Gata de Gorgos, Alicante, Spagna, 2008, 10 Sculpture Gallery Gesù Drexel, Monterrey, Nuevo Leon, Messico, 2003 Volume e strutture: 19 Visioni, Museo d’Arte Contemporanea Jorge Chavez Carrillo, Colima, Messico, 2002, colore, meeting e futuro globale Culture Center / Messico 99, Museo di Arte Moderna di Stato del Messico, Toluca, Messico, 1999, III Biennale di Monterrey, Museo de Monterrey, Monterrey, Nuevo Leon, Messico, 1997 e Deus ex machina, Pioppo University Museum, Città del Messico, 1995. Nel corso della sua carriera ha vinto numerosi premi, tra cui: entro Concessione del Sistema Nazionale di Arte Creatori, FONCA / CONACULTA, 2008-11, Grant da parte del Ministero della Cultura del Distretto Federale, 2006, 3 Acquisizione ° Premio al XI Biennale Internazionale di Scultura in Pietra, “Nantopietra” Vicenza, Italia, 2001 Selezionato al Salon ottobre 2000 Gran Prix Omnilife, Zapopan, Jalisco, Messico, 2000, concedere ai giovani creatori, FONCA / CONACULTA 1999 e il 1994, la produzione di Grant e residenza presso Vermont Studio Center, Johnson, Vermont, Stati Uniti, 1997 Progetto selezionato nella International Ice Carving Competition “Ice Art 93”, Fairbanks, Alaska, 1993 e la sua selezione nella Quarta Triennale Nazionale Sala di Scultura Arte, Città del Messico, 1988. Attualmente membro del Sistema Nazionale di Art Creators (SNCA) di FONCA (FONACA), 2015-17.

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Giovanni Monzon

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