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Memorie Private by Karlos Pérez

Inaugurazione Domenica 9 Ottobre alle ore 18:00 in via XX Settembre 31/b, Verona

“13 anni, 5 mesi, 18 giorni          Domenica 28 marzo 1937

Non ricordo tanto bene il viso di papà. Ma la sua voce, sì.

Oh, si! Mi ricordo tutto quello che mi ha detto. La sua voce

era un soffio. Mi sussurrava vicino all’orecchio. A volte mi

domando se è davvero un ricordo o se papà sussurra ancora

in me.”

(Daniel Pennac, Storia di un corpo, 2012)

L’enigma di un ricordo. Il passare del tempo che, come un tarlo divoratore, intacca il nostro vissuto e ne sgretola i contorni, creando ampie zone d’ombra nella nostra memoria. Le immagini si mescolano agli odori, ai suoni, alle sensazioni percepite: ai nostri sensi non resta che fondersi pur di non perdere gli attimi importanti del nostro vissuto. Cosa ci resta della felicità di un giorno d’estate? Della complicità di un amico d’infanzia? Dell’ozio di un pomeriggio trascorso in spiaggia? La pittura di Karlos Pérez (Camagüey, 1990) ci racconta di un passato remoto, ormai quasi dissolto nella nostra mente. Trascorsi di vita resi sfumati dal tempo che passa ma risvelati dalla pittura, seppur avvolti in atmosfere oniriche e indefinite. Cosa ci resta di un sentimento provato, di un affetto profondo? Davanti a noi non abbiamo altro che un insieme di dettagli, ricostruiti su uno sfondo che rimane incerto. Particolari resi vividi, esaltati dalla precisione delle pennellate del giovane artista cubano, sono da lui ingranditi ai nostri occhi cercando di colmare i vuoti di un contesto che si fa sempre più indistinto: ogni sua immagine è un complicato gioco di allusioni visive e accuratezze formali che fuse insieme rendono sulla tela la stessa sensazione di incompletezza che un ricordo lascia nella nostra mente. Egli si mostra padrone di una tecnica pittorica raffinata, in grado di rendere immagini che si muovono tra l’incompiutezza astratta e la precisione iperrealista. Formatosi studiando cinema e fotografia, Karlos Pérez si avvicina in un secondo momento alla pittura, sperimentando tecniche e modalità di racconto originali. In questa sua pratica, che si costruisce su trapassi di luce e macchie di colore, c’è una chiara citazione alla cultura impressionista europea. Non una scelta casuale, ma la volontà di ripartire da lì dove fotografia e pittura hanno trovato un loro primo punto di incontro. E questa osmosi tra mezzi espressivi, ovvero l’incontro tra la precisione del dato tecnico fotografico e la perizia artigiana del pittore, è parte fondante della pratica artistica di Karlos. I suoi soggetti non sono altro che riproposizioni di vecchie fotografie, spesso ritrovate per caso nei mercati delle pulci, oppure viste su giornali o in giro per mostre. La sua maestria tecnica si precisa anche nella riproduzione dei segni lasciati dal tempo sulla pellicola: pieghe secche, sbollature, sollevamenti e perdite di colore che entrano a far parte della figurazione. Ne diventano a tutti gli effetti elementi distintivi. Non si tratta più di misurarsi con l’oggetto-fotografia, com’era per i colleghi europei, ma di ricreare sulla tela l’effetto che questa immagine provoca in noi. Il nostro modo di percepirla. Quello che la nostra mente rivede in quelle immagini. I ricordi di gente anonima e sconosciuta che nell’atto visivo si fondono inspiegabilmente ai nostri. Quello che vediamo, in fondo, siamo noi stessi. La memoria privata ritratta da Pérez diviene parte di una memoria allargata, collettiva, bagaglio del vissuto di ognuno di noi. La nostra crescita, la nostra affettività. In fondo, quella ritratta è la nostra famiglia, i nostri fratelli, nostra madre. Un uomo maturo, classe e portamento d’altri tempi, ritratto mentre si immerge nell’acqua, voltandosi indietro, quasi rassicurandosi della nostra presenza al suo seguito. Davanti a noi la scena familiare di un padre in spiaggia, che aspetta paziente che il figlio lo raggiunga in acqua. Una scena che tutti potremmo aver vissuto. Un ricordo di un affetto che si fa sbiadito e di cui, com’è stato per Pennac, forse oggi non ci resta che il suono della voce, il sussurrarci qualcosa all’orecchio, ricordandoci che in fondo la vita è un attimo che passa troppo in fretta.

A cura di Leonardo Regano

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Karlos Pérez vive e lavora a Cuba, dove ha frequentato l’Accademia Professionale d’Arte Vicentina de la Torre a Camagüey. Nel 2014 si è laureato all’Istituto Superiore de’Arte ISA a La Habana. Pérez ha esposto alla Biennale dell’Avana 11°, e in diverse mostre collettive e personali a Cuba. Le sue opere sono presenti in collezioni private in Belgio, Canada, Cuba, Inghilterra, Germania, Messico e Svizzera.

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La mostra sarà visitabile dal 9 al 23 Ottobre 2016


Giovanni Monzon
Isolo17 Gallery
Via XX Settembre 31/b
37129 Verona
cel. 349 3746379
www.isolo17.com