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OPERA AL NERO

di Serena Gamba
a cura di Jessica Bianchera

“[…] L’arte è una cosa seria, come Dio, la natura, la morte, la vita, il sole, il senso delle cose, l’invisibile, la poesia. L’arte non è argomento da tavola, da passeggio. L’arte non può servire per abbellire una parete, l’arte è una preghiera, un principio, una formula matematica, esoterica”.
S. Gamba, Monologo, 2017

I rapporti tra l’arte e le discipline esoteriche – l’alchimia in particolare – affondano radici profonde nella storia e annoverano interpreti di grande prestigio, come Bruegel, Rembrandt, Duchamp, Klein, Magritte e Malevič, o ancora Bosch, Giorgione e Dürer. Questi ultimi, in particolare, hanno dedicato numerose incisioni alla nigredo, la prima fase del processo alchemico di creazione della Grande Opera, la pietra filosofale. La nigredo, ovvero l’Opera al Nero, corrisponde al momento cruciale di putrefazione e decomposizione in cui occorre “far morire” tutti gli ingredienti alchemici, macerandoli e cuocendoli a lungo in una massa uniforme nera affinché la materia torni a uno stato archetipo e primigenio, al caos originario da cui ha avuto inizio la creazione.
Quale miglior metafora per identificare il processo artistico? Quel momento della ricerca di un artista in cui tutto ciò che è stato appreso, visto, letto, conosciuto, studiato, vissuto, tentato, si fonde in un magma informe per far sì che possa iniziare l’atto della creazione, per dar vita all’opera, in un processo autentico, meditato, profondo, sacro, “come una preghiera”.
Serena Gamba, sceglie l’Opera al Nero, la nigredo, come nume tutelare della propria ricerca non perché rappresenti un tema riscontrabile nelle sue opere in senso estetico e formale, ma poiché condivide con essa obiettivi simili: “utilizzo l’arte nella speranza di liberarmi e allo stesso tempo raggiungere e acquisire la conoscenza”.
Per la mostra personale che Isolo 17 Gallery dedica all’artista, l’Opera al Nero non è dunque questione di stile, ma è il principio creativo che sta alla base di una produzione diversificata, in cui attraverso media differenti come la scultura, la pittura, l’installazione, la scrittura, Serena Gamba traccia e definisce il proprio percorso di ricerca. Sia nel complesso delle opere che nello specifico di ogni pezzo ci accorgiamo così che è stato messo in atto un lungo processo di studio e appropriazione, utile alla creazione di quello che lei stessa definisce un “archivio della memoria e dell’oblio”. La storia dell’arte è l’oggetto e il soggetto prediletto di questo archivio. In lavori come Lettura e obnubilamento de Il volo delle streghe – Goya, per esempio, l’opera originaria è soggetta a una lettura e traduzione di ogni singolo elemento in parola. Come in un rito, o in un processo alchemico, l’artista scrive l’immagine invitando poi l’osservatore a leggere l’opera, non semplicemente a guardarla. Questo implica un grado di attenzione più elevato rispetto alla mera visione, un andare a fondo nel soggetto e nel processo della rappresentazione. Ma se la traduzione in parola conferma quella vocazione alla conservazione della memoria che è propria di ogni processo di archiviazione, la delicatezza e la fragilità dell’immagine che ne risulta, le lettere cucite lentamente a mano, portano con sé lucida testimonianza di qualcosa che è destinato a svanire, che è soggetto all’inesorabile scorrere del tempo. È l’oblio, non negato e combattuto, ma accolto e in certa misura desiderato: “l’oblio stesso, per me, è una liberazione”. Il medesimo processo di appropriazione e macerazione, di distruzione e creazione, di conservazione della memoria e accoglimento dell’oblio, si trova in opere come Pulviscolo, intimamente legata a lavori come Lettura e obnubilamento de Il volo delle streghe – Goya ma in cui interviene la tecnica del collage ad alternare immagini e parole: testi tratti da scritti di artisti e storici dell’arte vengono sostituiti parzialmente generando una nuova lettura, una domanda, un dubbio, un rebus. Alla solidità del marmo si affida invece la memoria in Pictura, con cui l’artista indaga il mistero e la potenza della pittura, intesa non solo in senso tecnico ma come ars mater; mentre il gesto rituale del cucire lentamente ogni lettera a mano si ritrova in Finché il sogno non ci separi, un esplicito riferimento al sonno come dimensione dell’oblio.
Con una selezione di circa venti opere, in parte inedite, l’Opera al Nero di Serena Gamba si configura così come una genesi in cui ogni elemento è una parte del tutto, utile e necessario, genitore e figlio dell’impasto primigenio della nigredo, dove coesistono la vita e la morte, la memoria e l’oblio.
Jessica Bianchera
Serena Gamba, Torino 1982. Si diploma in architettura al Liceo Artistico Ego Bianchi di Cuneo per poi studiare grafica allo IED di Torino e specializzarsi in seguito a l’Ecole des Arts di Bruxelles studiando incisione. Nel 2016 la Van Der Gallery di Bolzano le dedica una mostra personale, Datum – Dida, a cura di S. Riba e C. Polizzi. Dello stesso anno sono il Premio Lissone 2016 e il Premio Suzzara “No Place.Space”, oltre alle collettive Le opere Impossibili, a cura di S. Costanzo, N. Lucà, S. Todaro a Spazio Bianco (Torino); Tigre a cura di S. Cascavilla a Spazio K (Sciacca); Cavalleria Leggera alla Cavallerizza Reale di Torino. Nel 2017 vince l’edizione di Beijin del Tina Prize, partecipa ad Art Verona con Isolo 17 Gallery e alle collettive Visione d’Interno, curata da Colla alla Galleria Moitre – Burning Giraffe; IncontrArTi – Simboli e riflessi verso l’Oltre, a cura di D. De Luca e A. Zanatta ad Arca, Vercelli. Nel 2018 risulta tra i finalisti del Combat Prize ed espone al Museo Civico G. Fattori, ex Granai di Villa Mimbelli. Tra dicembre 2017 e febbraio 2018 è alla Galleria Moitre di Torino con la personale, Monologo, a cura di A. Moitre e a Isolo 17 (Verona) con la collettiva La Camera delle Meraviglie a cura di L. Regano. Del 2018 (settembre-novembre) è anche la collettiva Esercizi di scrittura a cura di I. Finiguerra e A. Ippolito a BI_Box Art Space (Biella

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